L'Emilia-Romagna è un crocevia cruciale per la storia del Partito comunista. Una molteplicità di luoghi-simbolo testimonia il diffondersi e il radicarsi, lungo il Novecento, dell'appartenenza e dell'attività politica legata al partito. Nella mappa che presentiamo è stato possibile ricostruire alcuni luoghi della clandestinità e della lotta antifascista risalenti ai decenni tra le due guerre mondiali. Ma anche e soprattutto le centinaia di luoghi ed eventi che, nella seconda metà del secolo, hanno lasciato il segno sul territorio regionale, caratterizzando compiutamente l'Emilia-Romagna come “Emilia rossa”. Una sezione ad hoc è dedicata ai luoghi dell'attivismo femminile, realizzata in collaborazione con la Rete Archivi UDI Emilia-Romagna.
A pochi giorni dal Congresso di Livorno, nel febbraio 1921, alcuni comunisti modenesi si ritrovarono presso l’albergo “Commercio”, in via Farini a Modena.
Nel marzo 1922 il primo congresso clandestino della Federazione Comunista di Modena si tenne nel quartiere Mulini Nuovi di Modena.
Il 28 settembre 1930 si tenne a Migliarina di Carpi un congresso clandestino della gioventù comunista, con una trentina di delegati da diverse realtà produttive della provincia.
Il Forte urbano di Castelfranco Emilia negli anni del regime divenne uno dei tre carceri per antifascisti in Italia, insieme a quelli di Civitavecchia (Roma) e di Fossano (Cuneo).
Ada Vincenzi, ostetrica, dal 1943 iscritta al partito comunista, mise a disposizione la sua casa, sita in Viale Reiter (in seguito Via Ricci, 84), come centro di raccolta per i militanti e simpatizzanti socialisti e comunisti.
A Modena e in alcuni paesi della provincia erano attive, da tempo, tipografie clandestine che stampavano documenti per diversi gruppi politici, ma nel 1944 una tipografia propria del PCI venne insediata in via Cavour 58.
Presso la Sala San Vincenzo, in corso Canalgrande, si svolse il primo congresso del partito comunista modenese nel dopoguerra (luglio 1945).
Nel 1945 i partiti comunista e socialista e la Camera del Lavoro occuparono la Casa del fascio costruita con la manodopera obbligatoria durante il fascismo e la trasformarono in Casa del popolo.
Dopo la fine della guerra, la Casa del popolo di Concordia fu posta nell’ex Casa del fascio, che era stata costruita negli anni Trenta con un finanziamento forzoso.
Alla fine del 1946 si formò un “Comitato per la salvezza dei bambini di Napoli”, seguito dalla Commissione per la "campagna bambini" a Modena, organizzato dal Pci e dall’Udi.
Il Teatro di massa nacque come strumento per la diffusione di propaganda politica e si qualificò come un teatro di fatti, interpretati da coloro che li avevano vissuti.
La Casa del popolo “Rinascita” di San Vito (Spilamberto) venne inaugurata nell’agosto del 1949.
Per il 9 gennaio 1950 la Camera del Lavoro di Modena indisse uno sciopero generale contro la serrata delle Fonderie Riunite a Modena.
Tra il 1946 e il 1950 si svolsero ai Giardini Pubblici le prime feste provinciali dell’Unità dell’immediato dopoguerra.
Nel 1951 la festa fu spostata in Piazza d’Armi (ex Ippodromo, oggi Parco Novi Sad), dove rimase fino al 1976.