L'Emilia-Romagna è un crocevia cruciale per la storia del Partito comunista. Una molteplicità di luoghi-simbolo testimonia il diffondersi e il radicarsi, lungo il Novecento, dell'appartenenza e dell'attività politica legata al partito. Nella mappa che presentiamo è stato possibile ricostruire alcuni luoghi della clandestinità e della lotta antifascista risalenti ai decenni tra le due guerre mondiali. Ma anche e soprattutto le centinaia di luoghi ed eventi che, nella seconda metà del secolo, hanno lasciato il segno sul territorio regionale, caratterizzando compiutamente l'Emilia-Romagna come “Emilia rossa”. Una sezione ad hoc è dedicata ai luoghi dell'attivismo femminile, realizzata in collaborazione con la Rete Archivi UDI Emilia-Romagna.
La Casa del Popolo “Edmondo De Amicis” è una delle più antiche del forlivese, fondata nel 1908 dai militanti socialisti del popolare rione cicorstante. Con la scissione del 1921, la maggioranza degli iscritti del Circolo aderisce al PcdI.
Subito dopo la liberazione i comunisti del quartiere Ospedaletto acquistano un edificio per ospitarvi la locale sezione del Partito e attività ricreative e sportive.
A conclusione del Secondo conflitto mondiale tutti i Partiti antifascisti cesenati emersi dalla clandestinità sono alla ricerca di nuove sedi adeguate alle proprie pretese e aspettative di ramificarsi capillarmente nella società. Dall'estate del 1945 il Palazzo del Ridotto diventa la prestigiosa sede dei comunisti cesenati e lo rimarrà fino al 1954.
La Casa del Popolo di Sant'Egidio viene costruita nell'immediato secondo dopoguerra, nel 1945.
Subito dopo la conclusione del Secondo conflitto mondiale, i militanti comunisti della zona della Fiorita avvertono l'impellente necessità di dotarsi di una sede per le attività politiche, ricreative e associative.
L'Arrigoni rappresenta la fabbrica per eccellenza di Cesena. Nel dopoguerra entra in crisi e inizia una lunga stagione di lotte. La fabbrica rimane costantemente al centro dell'interesse del PCI, fino al punto che alle amministrative del 1951 utilizza il profilo stilizzato dell'azienda come simbolo.
La prima sede del PCI cesenate è il Palazzo del Ridotto, ma uno sfratto nel corso del 1954 costringe il Partito Comunista ad abbandonare questa sede. Inizia così un decennio all'insegna della provvisorietà, fino a quando nel 1961 il PCI lancia una grande raccolta fondi per dotarsi di una sede definitiva.
A seguito dei provvedimenti adottati dal Governo Scelba nei primi anni '50 anche la Camera del Lavoro di Forlì viene sfratta dalla sede in cui si era insediata nell'immediato dopoguerra in piazza Saffi. La nuova Camera del Lavoro viene inaugurata il 21 ottobre 1956; contestualmente si procede all'inaugurazione anche di un annesso teatro per i convegni e i congressi sindacali, chiamato “Romagna”.
L'esperienza del Circolo culturale forlivese affonda le sue origini nel clima di distensione, apertura al dialogo e innovazione della politica culturale che caratterizza i primi anni '60.
Gli anni '60 sono per Forlì quelli della paralisi amministrativa e del lungo commissariamento del Comune. In questo contesto il PCI si muove per favorire nuove forme di partecipazione e gestione dal basso, richiamandosi al modello dei quartieri sorti in alcune città emiliane.
A Forlì, il PCI, diversamente da ciò che avviene nei capoluoghi emiliani, rimane per lungo tempo all'opposizione, dopo la stagione delle giunte unitarie post-belliche. Solo nel 1970 il PCI arriva alla guida della città.
Anche a Cesena, come nelle vicine Forlì e Ravenna, il PCI rimane lungamente escluso dal potere locale. Se il primo Sindaco della Cesena liberata è il comunista Sigfrido Sozzi, già nel 1948 l'uscita dalla maggioranza di PRI e DC provoca nuove elezioni, la costituzione di una Giunta centrista e l'esclusione dei comunisti dal governo locale. La svolta arriva con le elezioni del 1970, dalle quali emerge una nuova maggioranza formata dal PCI, PSI e PSIUP col Partito comunista che ritorna ad esprimere il Sindaco.
Fin dagli anni '50 le Amministrazioni “rosse” dell'Emilia Romagna intervengono per sostenere lo sviluppo economico del territorio e valorizzare il dinamismo delle piccole e medie imprese, il cui ruolo e funzione vengono contrapposti al grande capitale monopolistico. A Forlì, questa riflessione si traduce, dopo la conquista dell'Amministrazione comunale nel 1970, in forti investimenti per la costituzione della prima area artigianale attrezzata nel quartiere di Coriano.
La Fabbrica Mangelli, operante nel settore della produzione di cellophane, rayon e fibre artificiali, costituisce sin dagli anni Trenta il principale complesso industriale forlivese, raggiungendo un massimo di 2500 addetti intorno al 1965. Per la nocività delle produzioni e degli agenti chimici utilizzati, la Mangelli rappresenta anche uno dei teatri, nei primi anni '70, per le lotte contro la nocività e per la salute in fabbrica.
Storica fabbrica produttrice di stufe in cotto, fin dagli anni '40 la Becchi si afferma come una delle principali aziende cittadine grazie a nuove produzioni di cucine economiche. Nel secondo dopoguerra la ditta diviene, insieme alla Mangelli, uno dei principali teatri del conflitto sindacale in città. Durante l'Autunno Caldo la Becchi-Zanussi è teatro di alcune delle più intense mobilitazioni dei lavoratori forlivesi. Il PCI ne beneficia e, nella prima metà degli anni Settanta, vede una rapida crescita della propria influenza all'interno dello stabilimento.